Bobo Rondelli, è il tour della consacrazione

Buona la prima. Bobo Rondelli sceglie Firenze per l’esordio del suo nuovo tour e il pubblico dell’Obihall gli tributa una standing ovation. La recensione di Raffaella Galamini

E’ impossibile non volere bene a un artista come Bobo Rondelli. Uno che sale sul palco e comincia la prima data del tour con la sigla dell’Eurovisione suonata, e pure steccata, con l’armonica. Un personaggio che si diverte a fare il verso ai cantanti blues e poi ti propone l’intervallo, mimando tutte le province della Toscana. Un uomo che canta l’inno alla topa e poi ti porta ad esempio Don Santoro e propone l’undicesimo comandamento: vivi la tua religione in religioso silenzio, della serie: prega il tuo Dio ma non ammorbare gli altri.
Bobo Rondelli è molto di più delle sue battute, delle sue gag. Dietro la maschera del toscanaccio sempre pronto allo scherzo, si nasconde un poeta capace di commuovere fino alle lacrime. Il tour nazionale appena partito da Firenze, in cui propone il suo ultimo album “Come i carnevali”, sembra destinato a far conoscere al grande pubblico questo incredibile musicista. Merito anche di una collaborazione azzeccata, quella con Francesco Bianconi dei Baustelle. Ci sono tutti i presupposti per bissare e ampiamente superare il successo di quel Disperati intellettuali ubriaconi (2002), disco prodotto e arrangiato da Stefano Bollani che gli fece vincere il Premio Ciampi per il miglior arrangiamento. Rondelli ha ancora più frecce al suo arco ed è pronto a spararle tutte.
La prima data all’Obihall ha confermato come il musicista livornese sia consapevole delle sue possibilità, nonostante l’immancabile voglia di giocare e divertirsi. Due ore di concerto in cui ha saputo toccare tutte le corde: dal riso, alla gioia, al divertimento fino alle lacrime. Centoventi minuti di musica, in cui ha citato i suoi riferimenti poetici, musicali e artistici. A cominciare da Carlo Monni di cui ha ricordato l’amicizia e a cui ha reso omaggio con una appassionata versione di “Guarda che luna”. Il primo pezzo è stato per Emilio Carnevali, ritenuto un precursore della beat generation ma nel corso del concerto c’è stato spazio per Gianni Rodari, Ugo Tognazzi e per un altro struggente omaggio: quello al pedagogo e scrittore polacco Neryk Goldszmit, un maestro che si sacrificò per salvare dei bambini nel campo di sterminio nazista di Treblinka.
Insomma un Bobo Rondelli che si diverte a giocare su due livelli, toccando le leve del comico e sfiorando quelle del tragico. Il risultato è un misto di sorrisi, risate e qualche lacrima quando ricorda la madre. Un concerto volato via e che lascia il sorriso sulle labbra. Con Rondelli non si scherza: leggerezza ironia e divertimento sono assicurati. Altro che Carnevale, in tour è una vera festa.
Raffaella Galamini