Cristiano De Andrè tra passato, presente e futuro

Mercoledì scorso al Teatro Verdi di Firenze. Concerto anteprima del nuovo album “Come in cielo così in guerra”. Due ore di live, pensieri e ricordi. La recensione di Annamaria Pecoraro.

Cristiano De Andrè è portavoce di un messaggio che non è quello “dell’essere figlio di papà”, ma di essere un figlio, un padre, un marito, ma prima di tutto un uomo, con pregi e difetti. Il richiamo sta tutto nel monologo (ben 16 minuti) che mercoledì scorso ha infilato in apertura di spettacolo, al Teatro Verdi di Firenze, anteprima nazionale del nuovo tour e del nuovo album “Come in cielo così in guerra”.

Un invito a lottare ed avere la possibilità di “narrare la propria storia” e dimostrare le capacità nel fare qualcosa di importante, con coraggio! “Sangue del mio sangue” che porta “i lividi che non vanno via…”, ma che “disegna l’anima e promette il destino” per sempre! Ma anche un richiamo a voler superare i muri della superficialità, abbattendo la solitudine e le “voci della gente”. Ricorda l’importanza della poesia, della vera bellezza e del fascino che è nella parte più intima di noi.

In “Come in cielo così in guerra” – che esce a dodici anni da “Scaramante” e dopo il successo di “De André canta De André vol. 1 & 2” – Cristiano De Andrè si “racconta”, nella fatica di essere cresciuto con la mancanza dell’affetto famigliare, di un padre a distanza, che ha scoperto solo nell’ultima fase.

Il punto di partenza è non essere una fotocopia di De Andrè, ma scoprire la propria identità, onorando il grande Faber, ma portando alla luce una linea che evidenzia la sua grande capacità di polimusicista. Suona il violino come se fosse una chitarra elettrica e in sincrono con la chitarra acustica, sitar, si fonde con le varie musiche.

Dal vivo non mancano concessioni al passato, e al genio di cotanto padre: “Se ti tagliassero a pezzetti”, “Nella mia ora di libertà”, “Smisurata preghiera”, “Verranno a chiederti del nostro amore”, “La collina”, “Crêuza de mä”, “Amico fragile”, “Sidùn”, “Quello che non ho”, “Fiume Sand Creek”, fino a “Il Pescatore”.

Due ore e mezzo di spettacolo e “Non è una favola”, ma una consapevolezza con “nuovi occhi capace di costruire sopra il cielo”. Un ben tornato ad un “Amico Fragile” ma così grande da essere accolto dal teatro Verdi per poter camminare fiero a testa alta, applaudito da tutta la platea e dalla stampa nazionale con un ”CIAO!”.

“All’ombra dell’ultimo sole si era assopito un pescatore” che è ora finalmente tornato a navigare da capitano, nel mare musicale.

Annamaria Pecoraro