Lo scrittore torna all’antica passione, la musica. A Firenze il debutto del concerto spettacolo “Da quando a ora in scena”, tratto dal recente libro autobiografico. La recensione di Annamaria Pecoraro.
Essere artisti è un continuo divenire, una persona che sostanzialmente non ha una vita facile, ma diviene responsabile di quello che porta dentro di sé. Un bagaglio non sempre semplice da condividere, per trovare la forza di cercare, rinnovarsi, scoprire attraverso la comicità, la malinconia, la vera essenza dell’esistenza.
Giorgio Faletti, ha nella completezza dei 63 anni (classe 50), donato la sua anima al pubblico del Teatro Puccini, senza dimenticare chi è e da dove è cresciuto.
Un percorso, che lo ha portato ad apprezzare la luce e il colore come pittore e come scrittore sè stesso. Un maestro di vita che ha capito dove risiede la saggezza delle piccole cose: nell’amare e nel farsi amare.
Dalla quotidianità nascono le sue parole; inseguendo un “Fiordilatte” in una gelateria del suo paese, per accostarsi alle parole di una ragazzina e costruire intorno la canzone di “Angelina”, al commuoversi nel ricordare l’amica Marcella. Sentirla vicino anche nella scelta ideale della traccia da seguire per arrivare a proporla e farla incidere dalla bocca di Mina.
Un figlio che dal padre impara la dura legge della vita, giocando a biliardo, o un padre immaginario rivisto ipoteticamente in sé stesso (non avendo figli).
Le sue canzoni, possono essere momenti vissuti, di complicità e tenerezza mescolati, di leggerezza, o piccole profezie partorite nei momenti più disparati.
Una complice armonia che lega il pubblico, tra risate, colorati momenti fatti di passi indietro e passi avanti.
“Da quando a ora”, accompagnato da una band di tutto punto composta: dal giovane Quartetto d’archi Orchestra Sinfonica di Asti, dal grande Lucio Fabbri (componente della PFM) al pianoforte, chitarra e violino, da Roberto Gualdi alla batteria, Marco Mangelli al basso e Massimo Germini alla chitarra.
“Mal di denti mal d’amore”, Giorgio Faletti affida a ciò che scrive quello che vede e sente.
Un connubio di ombre e colori, di parole di vita e morte che fanno riflettere, di rapporti tra genitori, tra adolescenti, d’inumane guerre che lasciavano il segno allora (come quella del Vietnam), a quella più recente nei Balcani.
Parla di successo raggiunto non con il possedere soldi (se li avesse pagherebbe gli spettatori per riempire San Siro per un suo concerto), ma della magia di essere un tassello importante in un tutto Misterioso e a volte incomprensibile.
Un Faletti da gustare in tutte le sue sfaccettature per ben due ore e come un diamante nel carbone, brilla di luce propria.
Annamaria Pecoraro