Goran Bregovic riparte da Firenze con il tour. Nell’attesa di ascoltare il nuovo album la serata all’Obihall tra danze gitane, champagne e una lezione speciale. La recensione di Raffaella Galamini
C’è sempre un buon motivo per andare ad ascoltare Goran Bregovic. Impossibile rimanere delusi da un suo concerto anche se arrivi con l’idea di ascoltare, se sei fortunato, qualche pezzo del nuovo disco e ti ritrovi invece i classici di sempre. Il musicista va sul sicuro, almeno per la prima del suo tour italiano “If you don’t go crazy you are not normal!” e snocciola una scaletta di greatest hits. Neanche uno dei presenti in sala, sabato scorso a Firenze, ha avuto però da recriminare perché Bregovic ha saputo centellinare i pezzi, eseguendo i suoi cavalli di battaglia da Kalashnikov a Mesecina, fino agli album più recenti Alkohol e Champagne for Gypsies, senza dimenticare l’omaggio a Cesaria Evola e proponendone qualcuno magari meno noto al grande pubblico ma da lui particolarmente amato “quando beve”.
Bregovic, completo bianco e scarpe dorate, bicchiere accanto alla sedia si è presentato insieme alla sua Wedding&funeral band accolto dall’ovazione del pubblico. L’artista gode di un pubblico affezionato che, nonostante il passare degli anni, si rinnova. Così ti ritrovi in sala over sessanta e ragazzine con le gonne gitane a ballare al suono delle fanfare e dei tamburi in un miscuglio di jazz, tanghi e ritmi folk slavi, melodie turche e vocalità bulgare, polifonie sacre ortodosse e pop contemporaneo. Coppie di ragazzi, famiglie, professionisti: tutti pronti a scatenarsi alle melodie di una terra tanto bella quanto tormentata da odi e guerre che Bregovic ha saputo raccontare tra pregi e difetti.
Bregovic si diverte a scherzare con il pubblico, racconta aneddoti, invita i fan a cantare con lui, dà il ritmo. Un eterno fanciullo che tra poco compirà 65 anni (è nato il 22 marzo). Un artista che è ormai ambasciatore della sua terra, anche in virtù del fatto che è di madre serba e padre croato. L’incontro con Emir Kusturica ha cambiato la sua vita, trasformandolo da rockstar nel suo paese, a musicista apprezzato e stimato a livello mondiale. L’università di Tor Vergata a Roma l’ha invitato a parlare del tema “La musica unisce i popoli”. La sua lezione, però, l’ha voluta dare anche a Firenze cantando ai bis con passione e gioia, tristezza e mestizia “Bella ciao” a dimostrazione che le sette note sono davvero il linguaggio più universale che abbiamo.
Raffaella Galamini